RESIDENZE INTERNAZIONALI D’ARTISTA
2010 – ONGOING
ARTISTI
BETO SHWAFATY
(artista in residenza a Eco e Narciso)
CURATORI
REBECCA DE MARCHI
(per la residenza di Beto Shwafaty)
DESCRIZIONE
RESÒ è il programma di residenze artistiche internazionali del Piemonte nato nel 2010 dalla collaborazione tra le istituzioni leader dell’arte contemporanea in Piemonte, promosso e sostenuto dalla Fondazione CRT per l’arte moderna e contemporanea.
RESÒ nasce nel segno e nel senso della condivisione espresse dai significati reseau (in francese rete), poiché la residenza d’artista non è solo una presenza dell’artista in un preciso contesto, ma è momento formativo e di interscambio tra soggetti e luoghi.
Ai soggetti partner in Piemonte attivi nel campo dell’arte contemporanea, si affiancano le realtà del Cairo, Rio de Janeiro, San Paolo e New Delhi, definendo così una piattaforma pulsante e aperta che abita una geografia dell’arte intesa come attivazione nel sociale, dove cioè gli spazi dell’arte diventano luoghi di incontro e confronto.
Nell’ambito della residenza RESÒ l’artista presenta pubblicamente il suo lavoro, sia nella fase iniziale, come introduzione all’interno della scena locale ospite, sia a fine percorso come restituzione dell’esperienza maturata nelle settimane di permanenza. Annualmente RESÒ è presentato ad Artissima International Contemporary Art Fair, illustrando i percorsi sviluppati dagli artisti nelle singole residenze.
Ogni istituzione straniera partner si impegna a mettere in contatto l’artista in residenza con tutte quelle realtà culturali della scena locale vicine alle linee di ricerca del singolo, facilitando dunque l’accesso a musei, collezioni, archivi e gli incontri/studio-visit/workshop con critici, curatori e addetti del settore. Le residenze non sono necessariamente finalizzate alla realizzazione di opere, poiché a seconda delle poetiche e dei mezzi impiegati il periodo di residenza può non essere sufficiente all’effettiva produzione, ma tra i loro obiettivi vi è lo sviluppo di progetti, lo studio e la ricerca in un nuovo orizzonte di senso che rifletta le dimensioni del conoscere e delle pratiche proprie del fare.
Nel 2012 Eco e Narciso ha ospitato l’artista brasiliano Beto Shwafaty che ha sviluppato il progetto From Monuments to Mainframes basato sulla ricerca e l’esplorazione di un processo storico e delle interazioni che hanno preso forma al suo interno coinvolgendo a vari livelli arte, disegno industriale, tecnologia dei computer. È al contempo una ricerca sulle relazioni tra corporazioni e sviluppo sociale.
Prendendo come punto di partenza l’episodio locale e storico relativo alla produzione del primo calcolatore elettronico italiano mainframe computer – l’Olivetti Elea 9003 disegnato da Ettore Sottsass nel 1958/59 – insieme all’ascesa della minimal art (con la quale si individuano rilevanti somiglianze formali ed estetiche), il progetto intende esplorare le connessioni e le implicazioni tra industrial design, minimalismo e ingegneria informatica quali momenti di formazione d’idee per un nuovo mondo e una nuova società, tradotti poi nella progettazione di nuovi prodotti, siti industriali, uffici, ambienti conviviali e relazioni socio-culturali.
L’esplorazione di queste situazioni – da un episodio locale, storico e tecnologico (l’Olivetti e il computer mainframe, Elea) a un programma mondiale estetico (il Minimalismo) – può aprire riflessioni sulla nascita di una nuova società dell’informazione (negli anni ’50 e ’60) diversa dai precedenti modelli industriali, marcatamente caratterizzata da tecnologie informatiche, estetica moderna e linguaggi astratti (come nel caso di molti programmi sociali progressisti della Olivetti). È importante quindi riconoscere questo momento storico-sociale come l’inizio di un processo di convergenza in cui i discorsi estetici si fondevano con costruzioni architettoniche, con teorie dell’informazione e della gestione, con la cibernetica, l’ergonomia, il social engineering e l’informatica. Inoltre, un elemento rilevante che accomuna tutte queste discipline della conoscenza è che siano diventate centrali sia rispetto al desiderio di liberare l’uomo dalla ripetitività e dalla durezza dei compiti industriali, sia in quanto rappresentano i pilastri dello sviluppo del capitalismo avanzato, che si riconosce in una matrice socio-economica sempre più astratta, immateriale e cognitiva.